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19
Ottobre 2003
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Pellegrinaggio
in Polonia
18 / 26
agosto 2003 |
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Capo spirituale della
allegra brigata il dolcissimo e pazientissimo don Vittorio che
coordinava il suo “ministero” con quello del capo laico, il tour
operator più in gamba della provincia, il simpaticissimo Tony Siracusa.
Devo dire che
inizialmente con preoccupazione osservavo la “mamma” per antonomasia
ed eccellenza, la Sig.ra Pina Rocca che, nonostante la grande sofferenza
fisica per la recentissima frattura del braccio, coraggiosamente
decideva di affrontare un pellegrinaggio molto impegnativo: avremmo
pernottato in città diverse lungo tutto il percorso effettuando
centinaia di chilometri in pullman.
Ero anche titubante
sulla reazione del mio piccolo Luigi unico bimbo partecipante,
considerando che la ragazza più giovane che poteva avvicinarsi con gli
anni alla sua età era la travolgente Simonetta, fotografo addetta al
reportage capillare e certosino del pellegrinaggio.
Prima tappa Varsavia,
città ricostruita con dovizia di particolari ad immagine della vecchia
distrutta per il 95 per cento dai nazisti.
Non esiste angolo di
Varsavia che non ricordi il terribile olocausto ebreo: pensate che nel
luogo ove sorgeva il ghetto, bruciato e interamente distrutto, sorge una
croce che anche il passante più distratto non potrà fare a meno di
osservare per riflettere sul grado estremo della follia e cattiveria
umana.
Sul sagrato della
cattedrale di Varsavia, come mi capitò poi durante tutto il
pellegrinaggio, ho visto fedeli e soprattutto giovani, inginocchiati
fuori per la impossibilità di entrare in Chiesa colma come un uovo
durante la messa.
Dopo aver sostato a
Breslavia era la volta di Czestochowa, raggiunta per una doverosa tappa
al Santuario della Madonna “nera”: icona in legno antichissima ove
è rappresentata la Vergine Maria e il Bambino Gesù.
I polacchi fedelissimi e
devotissimi alla immagine sacra miracolosa non amano che si parli di
Madonna Nera, poiché il volto è solo bruno perché scurito dal passar
del tempo e sottolineano la simbologia dello sfregio che porta sulla
guancia.
Tale segno fu
volutamente lasciato dopo il restauro a seguito di saccheggio e
devastazione ussita, e suole indicare la consapevolezza della nostra
sofferenza da parte di una madre che ha sofferto, ci è vicina,
comprende e indica con il gesto della sua santa mano il suo bambino cui
rivolgersi per poter trovare allevio alla sofferenza durante il cammino
terreno: la via da seguire.
E
sofferenza e morte causata dalla stupidità e cattiveria umana
gridava ancora il campo di
sterminio nazista di Auschwitz con le sue camere a gas, le sue cellette
più piccole di una cabina telefonica senza feritoie, ove venivano
collocati cinque prigionieri per giorni fino al loro soffocamento, la
sua cella ove rimase senza acqua e cibo San Massimiliano Kolbe per
settimane, le sue vetrine con chilogrammi di capelli che servivano per
tessere stoffe o, ancor più atroce, quelle piene di scarpette e
vestitini di bimbi.
Raggiungevamo
anche la
città natale del nostro Santo Padre , la ridente Katowice, per poi
pernottare per due giorni a Cracovia, splendida con i suoi monumenti,
unica città ad essere stata risparmiata dalla furia
nazista.
Splendida la Piazza
del Mercato coperto, pullulante di oggetti in legno lavorato e dipinto,
canestri, stoffe, e soprattutto ambra del Baltico, di cui le signore
castellesi me compresa consigliate dall’esperta Sig.ra Margherita
Rapisarda hanno fatto incetta.
Da menzionare
l’acquisto di uno stupendo Angelo Azzurro dipinto sul legno che oggi
può essere ammirato in Sacrestia ad Aci Castello, dono al nostro
Parroco, che la paziente Rita Leanza, first lady di Bronte, ha portato
di peso sino alla fine del pellegrinaggio, nonostante la precarietà
dell’imballaggio.
E quasi a seguire un
percorso spirituale, dall’orrore della morte alla speranza di vita,
arrivavamo al Santuario della Divina Misericordia di Cracovia, i luoghi
di Santa Faustina Kowalska, la suora alla quale apparve Gesù con un
fascio di luce scaturente dal suo Sacro Cuore, simbolo di perdono, pace
e certezza di resurrezione.
Raggiungevamo anche
Tarnow e la sua stazione sciistica, ove spesso anche il nostro Santo
Padre si recava da Vescovo e dove il nostro caro preside prof. Castorina
ha fatto un vero affare comprando un bel cappotto di montone rovesciato
a prezzo stracciato.
Infine si sostava a
Lublino con il fascino della metropoli europea.
Il pellegrinaggio si
concludeva con il raggiungere Varsavia.
Lodevole la guida
polacca il carissimo e dignitosissimo Pietro, che ha dato chiara
rappresentazione di una terra ove aleggia una spiritualità e religiosità
forti, ove vive un popolo coraggioso che si è sempre piegato ma mai
spezzato, che ha sempre ricostruito sulle macerie.
La Polonia è la
terra della memoria, della morte e della vita, è la terra di colui che
ha contribuito a cambiare le sorti di una Europa che sembra non avere più
limiti e confini: una Europa unita.
Degno di plauso il
comportamento della piccola mascotte della brigata, Gigi, che grazie
alla attenzione e alla pazienza di Don Vittorio e Tony, ha saputo
cogliere gli aspetti più goliardici del pellegrinaggio, ha saputo
animare anche il gruppo porgendo degli indovinelli al microfono in
pullman, intercalandoli con le spassose barzellette di Tony.
Degni di nota la
forza e coraggio della “mamma” Pina Rocca e della Sig.na Graziella
Lanzafame, nell’affrontare sempre sorridenti, i lunghi tragitti in
pullman e le interminabili scarpinate.
Un sentito grazie a
tutti i partecipanti per il grande affetto e calore dedicati in
particolare a me e al piccolo Luigi.
Il pellegrinaggio in
Polonia ci ha fatto sentire più vicini alla grande misericordia di Dio,
ci ha fatto capire come sia fondamentale l’abbraccio
e il coraggio dei nostri fratelli al fine di superare tragedie e
sofferenza : ancora una volta sappiamo di non essere soli in questo
nostro cammino terreno.
Silvia Raimondo Toscano
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Pellegrinaggio sulle orme di San
Mauro. . .
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Il 27 luglio 2003 dalla piazza delle “partenze” di
Acicastello, accompagnati dal nostro Parroco Don Vittorio e da Padre
Michele, nostra guida spirituale ai monasteri benedettini, siamo partiti
per visitare i luoghi della spiritualità di San Mauro e per incontrarci
con noi stessi e con la nostra fede.
E’ stato un
continuo stupore tra le abbazie dall’abbagliante splendore e la
bellezza della natura in cui si immergevano.
Come dimenticare
la toccante Messa celebrata nel Santuario della Madonna di Pompei,
accompagnata dalla voce angelica di una suora filippina, il fascino
mistico della chiesa di Santa Cecilia
a Roma, la grandiosità e il senso del mistero della Abbazia di Monte
Cassino o della badia di Cava dei Tirreni, l’aura mistica
e sublime di Subiaco, il frinire delle cicale e la spiritualità che
aleggiava tra i pini della Chiesa di Pietralcina e, perchè no,
l’odore degli gnocchi al ragù che si spandeva nei corridoi
dell’abbazia di Farfa?
Abbiamo
avvertito in quei luoghi, la presenza del nostro protettore San Mauro e
ci siamo sentiti accompagnati da Lui nel nostro cammino.
Abbiamo pregato,
cantato e ringraziato anche per chi non era con noi e siamo stati sempre
accolti con grande ospitalità e affetto.
Il nostro cuore
si è riempito di gioia e commozione quando, a Castel Gandolfo, la voce
del Papa, pur da lontano, ha raggiunto ciascuno di noi: ”Saluto i
pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo parrocchiale di
San Mauro Abate in Acicastello, che incoraggio a trovare nel Vangelo la
forza per superare con speranza anche le situazioni più difficili”.
E con nel cuore
la speranza e la forza dateci dalle parole del Papa, siamo tornati nella
nostra Acicastello, per comunicare a tutti la nostra gratificante
esperienza, e affrontare con più serenità e entusiasmo la vita di ogni
giorno.
Rita
Damanti e Mariella Cantarella
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L'IMPEGNO IN PARROCCHIA |
Le parole del Vangelo indicano spesso dei traguardi che
sono un nuovo punto di partenza per una tappa successiva.
Avevamo accolto con entusiasmo
l’invito del parroco di impegnarci a costruire ‘La casa sulla
Roccia’ ma il cammino che abbiamo fatto in questi anni, ci ha
fatto prendere coscienza dei limiti e della necessità di lavorare per
il loro superamento.
Coloro che hanno assunto, in qualche
modo, l’impegno di comunicare e trasmettere la fede, hanno avvertito
l’esigenza di andare oltre, di approfondire le conoscenze, imparare
nuovi metodi, per affrontare le sfide di una società complessa che si
rispecchia, naturalmente, anche nel volontariato pastorale.
Raccogliendo quest’esigenza il
Consiglio Pastorale ha promosso, alla fine d’Agosto, quattro incontri
che appunto ha voluto chiamare ‘L’impegno in Parrocchia’
con un sottotitolo ambizioso: ‘Corso di formazione per operatori di
pastorale’.
In realtà, più che un corso, si è
trattato di un inizio di percorso culminato nel pomeriggio di
spiritualità a Milo e nella serata conviviale che ne è seguita.
Nei quattro incontri abbiamo
affrontato le tematiche fondamentali per un migliore approccio
pastorale.
Nella prima tappa abbiamo scoperto
quanto sia importante la conoscenza del territorio (ovviamente non solo
geografico) e, d’altro canto, abbiamo colto l’insufficienza dei dati
in nostro possesso. La Parrocchia è la forma di comunità basilare per
la Chiesa, essa è offerta a tutti ed è costituita sulla base del
territorio.
Quest’aderenza al territorio è un
fenomeno di fedeltà al popolo: di fedeltà ai destinatari per i quali
la Chiesa esiste.
Nella seconda giornata abbiamo
affrontato la sfida delle relazioni: la comunità è un reticolo di
relazioni che hanno la finalità di testimoniare Gesù e l’Amore
Trinitario. Il concetto di sfida è sembrato appropriato perché ci
segnala il rischio della comunicazione, del processo educativo, e il
rischio, che corriamo quotidianamente, nel rapporto tra le generazioni,
tra le culture, tra le esperienze e le estrazioni sociali. Siamo pronti
a mettere in discussione la nostra storia, i nostri vissuti per
costruire un’accoglienza di quanti vogliono intraprendere un cammino
di fede?
Infine l’animazione di un gruppo. La comunità si muove
attraverso piccole altre comunità articolate per età, per comunanza
d’intenti, per aree culturali condivise ecc... Chi si occupa di un
gruppo, piccolo o grande che sia, deve raccogliere la sfida del ‘lavoro
insieme’.
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Tutti noi sappiamo, per averlo sperimentato nei vari ambiti di
lavoro, quanto difficile sia la riqualificazione delle dinamiche in un
gruppo di lavoro o d’apprendimento.
Oggi è impensabile comunicare con
modalità frontali o verticali. Il desiderio di conquistare, dal di
dentro, le conoscenze che cerchiamo, è sicuramente un grande passo
avanti ed è una Grazia (in senso cristiano) di consapevolezza, ma
comporta anche una grande fatica d’autodisciplina e di autoeducazione.
Di fronte alla dimensione dei
problemi, alle necessità crescenti della comunità, e, forse,
all’inadeguatezza della nostra risposta, siamo sempre tentati di
gettare la spugna e rinchiuderci nel ruolo di spettatore.
A questa tentazione ha risposto
appassionatamente don Vittorio nel pomeriggio di spiritualità svoltosi
a Milo.
Abbiamo rivissuto, quasi con una
rielaborazione scenica il miracolo della moltiplicazione dei pani
secondo il racconto dell’Evangelista Giovanni.
Il parroco, sulla scena del racconto
evangelico, ci ha indicato il fondamentale ruolo del dono: dono modesto,
dono aperto alla nuova situazione, dono che si moltiplica e diventa
segno dell’abbondanza, dono che mette in crisi gli apostoli
interpellati, incapaci di comprenderne l’orizzonte, il senso di marcia
della storia.
Il senso quindi del nostro impegno è
il dono. Gesù stesso ha voluto raccogliere il dono povero come
raccoglie le nostre modeste capacità, competenze, disponibilità.
Quest’esperienza è sicuramente un traguardo raggiunto ma, forse, è
anche la partenza di una nuova tappa.
Giovanni Vadalà |
EDUCARSI
PER EDUCARE |
La Famiglia di oggi, relegata ed arroccata in
una "centralità di solitudine" lancia il suo
Il nostro
parroco, Don Vittorio, ha sentito
Da un suo
invito forte alle Istituzioni, nasceva nell'ottobre scorso un protocollo
d'intesa sottoscritto da
Amministrazione Comunale, Scuole,
Carabinieri e Parrocchia per realizzare azioni
di sostegno alla Genitorialità, in uno scenario sociale di grande
criticità. La volontà di unire
risorse e di metterle in rete, fu subito tradotta dal Sindaco, Michele
Toscano nell'impegno concreto di destinare risorse finanziarie per
la promozione e l'attuazione di
progetti a supporto della Famiglia. Al suo Entusiasmo si univa la
passione di Titti Casella che, con slancio, mise
al servizio della comunità la sua competenza ed esperienza.
Il dolore
della morte avrebbe potuto travolgere tutto, portarsi via anche questa
volontà operosa, ma quello
che nasce dal cuore e dallo spirito
di servizio resiste.
Il Commissario
Straordinario del Comune di Acicastello - Dott. C. Sammartino - ha
ripreso gli obiettivi
fissati nel protocollo ed insieme al suo
consulente, Prof. P. Banna, con la collaborazione dei partners, ha
definito le accennate linee
progettuali.
Nasce così
"Educarsi per Educare" affidato per
l'attuazione alla parrocchia. Il progetto parte da alcune
considerazioni: - per poter educare bisogna educarsi e bisogna partire
dalla famiglia, in quanto
primo ambito educativo; - la
famiglia non può in nessun caso, salvare la propria
capacità educativa da sola.
acquisire
e rafforzare i contenuti di queste considerazioni. Come e dove farlo?
In una scuola di genitori, un po'
speciale, quella che ci
propone il progetto, fatta di incontri e non di lezioni.
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Si tratta di un
laboratorio di formazione e
di condivisione dove i genitori possono
diventare più consapevoli della loro responsabilità,
e delle loro capacità e quindi più competenti
nell'esercitarle.
Gli incontri trattano
i temi della dignità e del valore
del compito educativo. Le modalità di relazionarsi
saranno il dialogo, il confronto e il racconto
esperienziale. I genitori frequentanti non
saranno soli, ma guidati da operatori/testimoni. Agli incontri formativi
si aggiungeranno momenti ricreativi e conviviali, allargati alla partecipazione
di tutta la famiglia, anche i figli, per
favorire un suo reale protagonismo.
In questa
scuola/laboratorio di confronto propositivo,
il Gruppo-Famiglia della Parrocchia e stato individuato come
"nucleo" iniziale propulsore,
aperto dinamicamente alla formazione ed alla condivisione. Il Gruppo si
vuole spingere oltre, vuole
sperimentarsi con gli altri.
Nel percorso
formativo/operativo le famiglie della
Comunità potranno camminare assieme, costruire
rapporti di socializzazione e di vera appartenenza.
Insieme potranno attivare piccole e
modeste reti di sostegno e di mutuo aiuto tra genitori,
correggere errori, imparare dall'esperienza altrui, sentirsi meno soli.
E questo è già tanto!
Questa Scuola vuole costruire "solidarietà"!
Il
Gruppo-Famiglia, con molta umiltà ci sta, così come e fino in fondo,
animato dal desiderio di crescere insieme tra genitori, accomunati
dalla stessa vocazione, ma
ciascuno portatore di un
Mistero, di un progetto unico nel disegno di
Dio. Dobbiamo essere tanti in questa Scuola! Tutti
con atteggiamento fiducioso e pieno di speranza
di imparare l'uno dall'altro.
Cominciamo ad
interrogarci più spesso e quando
occorre mettiamoci in discussione: Educhiamoci!
Possiamo farlo a questa Scuola!
Enza Sciuto |
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