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         19
        Ottobre 2003 
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         Pellegrinaggio
        in Polonia 
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        agosto 2003  | 
     
    
       
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           Capo spirituale della
        allegra brigata il dolcissimo e pazientissimo don Vittorio che
        coordinava il suo “ministero” con quello del capo laico, il tour
        operator più in gamba della provincia, il simpaticissimo Tony Siracusa. 
           Devo dire che
        inizialmente con preoccupazione osservavo la “mamma” per antonomasia
        ed eccellenza, la Sig.ra Pina Rocca che, nonostante la grande sofferenza
        fisica per la recentissima frattura del braccio, coraggiosamente
        decideva di affrontare un pellegrinaggio molto impegnativo: avremmo
        pernottato in città diverse lungo tutto il percorso effettuando
        centinaia di chilometri in pullman. 
           Ero anche titubante
        sulla reazione del mio piccolo Luigi unico bimbo partecipante,
        considerando che la ragazza più giovane che poteva avvicinarsi con gli
        anni alla sua età era la travolgente Simonetta, fotografo addetta al
        reportage capillare e certosino del pellegrinaggio. 
           Prima tappa Varsavia,
        città ricostruita con dovizia di particolari ad immagine della vecchia
        distrutta per il 95 per cento dai nazisti. 
           Non esiste angolo di
        Varsavia che non ricordi il terribile olocausto ebreo: pensate che nel
        luogo ove sorgeva il ghetto, bruciato e interamente distrutto, sorge una
        croce che anche il passante più distratto non potrà fare a meno di
        osservare per riflettere sul grado estremo della follia e cattiveria
        umana. 
           Sul sagrato della
        cattedrale di Varsavia, come mi capitò poi durante tutto il
        pellegrinaggio, ho visto fedeli e soprattutto giovani, inginocchiati
        fuori per la impossibilità di entrare in Chiesa colma come un uovo
        durante la messa. 
           Dopo aver sostato a
        Breslavia era la volta di Czestochowa, raggiunta per una doverosa tappa
        al Santuario della Madonna “nera”: icona in legno antichissima ove
        è rappresentata la Vergine Maria e il Bambino Gesù. 
           I polacchi fedelissimi e
        devotissimi alla immagine sacra miracolosa non amano che si parli di
        Madonna Nera, poiché il volto è solo bruno perché scurito dal passar
        del tempo e sottolineano la simbologia dello sfregio che porta sulla
        guancia. 
           Tale segno fu
        volutamente lasciato dopo il restauro a seguito di saccheggio e
        devastazione ussita, e suole indicare la consapevolezza della nostra
        sofferenza da parte di una madre che ha sofferto, ci è vicina,
        comprende  e  indica con il gesto della sua santa mano il suo bambino cui
        rivolgersi per poter trovare allevio alla sofferenza durante il cammino
        terreno: la via da seguire. 
           E 
        sofferenza e morte causata dalla stupidità e cattiveria umana
        gridava ancora  il campo di
        sterminio nazista di Auschwitz con le sue camere a gas, le sue cellette
        più piccole di una cabina telefonica senza feritoie, ove venivano
        collocati cinque prigionieri per giorni fino al loro soffocamento, la
        sua cella ove rimase senza acqua e cibo San Massimiliano Kolbe per
        settimane, le sue vetrine con chilogrammi di capelli che servivano per
        tessere stoffe o, ancor più atroce, quelle piene di scarpette e
        vestitini  di bimbi.  
           Raggiungevamo
        anche la
        città natale del nostro Santo Padre , la ridente Katowice, per poi
        pernottare per due giorni a Cracovia, splendida con i suoi monumenti,
        unica città ad essere stata risparmiata dalla furia 
        nazista. 
           Splendida la Piazza
        del Mercato coperto, pullulante di oggetti in legno lavorato e dipinto,
        canestri, stoffe, e soprattutto ambra del Baltico, di cui le signore
        castellesi me compresa consigliate dall’esperta Sig.ra Margherita
        Rapisarda hanno fatto incetta. 
           Da menzionare
        l’acquisto di uno stupendo Angelo Azzurro dipinto sul legno che oggi
        può essere ammirato in Sacrestia ad Aci Castello, dono al nostro
        Parroco, che la paziente Rita Leanza, first lady di Bronte, ha portato
        di peso sino alla fine del pellegrinaggio, nonostante la precarietà
        dell’imballaggio. 
           E quasi a seguire un
        percorso spirituale, dall’orrore della morte alla speranza di vita,
        arrivavamo al Santuario della Divina Misericordia di Cracovia, i luoghi
        di Santa Faustina Kowalska, la suora alla quale apparve Gesù con un
        fascio di luce scaturente dal suo Sacro Cuore, simbolo di perdono, pace
        e certezza di resurrezione. 
           Raggiungevamo anche
        Tarnow e la sua stazione sciistica, ove spesso anche il nostro Santo
        Padre si recava da Vescovo e dove il nostro caro preside prof. Castorina
        ha fatto un vero affare comprando un bel cappotto di montone rovesciato
        a prezzo stracciato. 
           Infine si sostava a
        Lublino con il fascino della metropoli europea. 
           Il pellegrinaggio si
        concludeva con il raggiungere Varsavia. 
           Lodevole la guida
        polacca il carissimo e dignitosissimo Pietro, che ha dato chiara
        rappresentazione di una terra ove aleggia una spiritualità e religiosità
        forti, ove vive un popolo coraggioso che si è sempre piegato ma mai
        spezzato, che ha sempre ricostruito sulle macerie. 
           La Polonia è la
        terra della memoria, della morte e della vita, è la terra di colui che
        ha contribuito a cambiare le sorti di una Europa che sembra non avere più
        limiti e confini: una Europa unita. 
           Degno di plauso il
        comportamento della piccola mascotte della brigata, Gigi, che grazie
        alla attenzione e alla pazienza di Don Vittorio e Tony, ha saputo
        cogliere gli aspetti più goliardici del pellegrinaggio, ha saputo
        animare anche il gruppo porgendo degli indovinelli al microfono in
        pullman, intercalandoli con le spassose barzellette di Tony. 
           Degni di nota la
        forza e coraggio della “mamma” Pina Rocca e della Sig.na Graziella
        Lanzafame, nell’affrontare sempre sorridenti, i lunghi tragitti in
        pullman e le interminabili scarpinate. 
           Un sentito grazie a
        tutti i partecipanti per il grande affetto e calore dedicati in
        particolare a me e al piccolo Luigi.  
           Il pellegrinaggio in
        Polonia ci ha fatto sentire più vicini alla grande misericordia di Dio,
        ci ha fatto capire come sia fondamentale l’abbraccio 
        e il coraggio dei nostri fratelli al fine di superare tragedie e
        sofferenza : ancora una volta sappiamo di non essere soli in questo
        nostro cammino terreno. 
                                               
                          
                  
                                                                                                                 
        Silvia Raimondo Toscano    
          
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        Pellegrinaggio sulle orme di San
        Mauro. . . 
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           Il 27 luglio 2003 dalla piazza delle “partenze” di
        Acicastello, accompagnati dal nostro Parroco Don Vittorio e da Padre
        Michele, nostra guida spirituale ai monasteri benedettini, siamo partiti
        per visitare i luoghi della spiritualità di San Mauro e per incontrarci
        con noi stessi e con la nostra fede. 
           E’ stato un
        continuo stupore tra le abbazie dall’abbagliante splendore e la
        bellezza della natura in cui si immergevano. 
           Come dimenticare
        la toccante Messa celebrata nel Santuario della Madonna di Pompei,
        accompagnata dalla voce angelica di una suora filippina, il fascino
        mistico della chiesa di Santa  Cecilia
        a Roma, la grandiosità e il senso del mistero della Abbazia di Monte
        Cassino o della  badia di Cava dei Tirreni, l’aura  mistica
        e sublime di Subiaco, il frinire delle cicale e la spiritualità che
        aleggiava tra i pini della Chiesa di Pietralcina e, perchè no,
        l’odore degli gnocchi al ragù che si spandeva nei corridoi
        dell’abbazia di  Farfa? 
           Abbiamo
        avvertito in quei luoghi, la presenza del nostro protettore San Mauro e
        ci siamo sentiti accompagnati da Lui nel nostro cammino. 
           Abbiamo pregato,
        cantato e ringraziato anche per chi non era con noi e siamo stati sempre
        accolti con grande ospitalità e affetto. 
           Il nostro cuore
        si è riempito di gioia e commozione quando, a Castel Gandolfo, la voce
        del Papa, pur da lontano, ha raggiunto ciascuno di noi: ”Saluto i
        pellegrini di lingua italiana, in particolare il gruppo parrocchiale di
        San Mauro Abate in Acicastello, che incoraggio a trovare nel Vangelo la
        forza per superare con speranza anche le situazioni più difficili”. 
           E con nel cuore
        la speranza e la forza dateci dalle parole del Papa, siamo tornati nella
        nostra Acicastello, per comunicare a tutti la nostra gratificante
        esperienza, e affrontare con più serenità e entusiasmo la vita di ogni
        giorno. 
                        
                                                                    
          Rita
        Damanti e Mariella Cantarella 
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         L'IMPEGNO IN PARROCCHIA  | 
     
    
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           Le parole del Vangelo indicano spesso dei traguardi che
        sono un nuovo punto di partenza per una tappa successiva. 
           Avevamo accolto con entusiasmo
        l’invito del parroco di impegnarci a costruire ‘La casa sulla
        Roccia’ ma il cammino che abbiamo fatto in questi anni, ci ha
        fatto prendere coscienza dei limiti e della necessità di lavorare per
        il loro superamento. 
           Coloro che hanno assunto, in qualche
        modo, l’impegno di comunicare e trasmettere la fede, hanno avvertito
        l’esigenza di andare oltre, di approfondire le conoscenze, imparare
        nuovi metodi, per affrontare le sfide di una società complessa che si
        rispecchia, naturalmente, anche nel volontariato pastorale. 
           Raccogliendo quest’esigenza il
        Consiglio Pastorale ha promosso, alla fine d’Agosto, quattro incontri
        che appunto ha voluto chiamare ‘L’impegno in Parrocchia’
        con un sottotitolo ambizioso: ‘Corso di formazione per operatori di
        pastorale’. 
           In realtà, più che un corso, si è
        trattato di un inizio di percorso culminato nel pomeriggio di
        spiritualità a Milo e nella serata conviviale che ne è seguita. 
           Nei quattro incontri abbiamo
        affrontato le tematiche fondamentali per un migliore approccio
        pastorale. 
           Nella prima tappa abbiamo scoperto
        quanto sia importante la conoscenza del territorio (ovviamente non solo
        geografico) e, d’altro canto, abbiamo colto l’insufficienza dei dati
        in nostro possesso. La Parrocchia è la forma di comunità basilare per
        la Chiesa, essa è offerta a tutti ed è costituita sulla base del
        territorio. 
           Quest’aderenza al territorio è un
        fenomeno di fedeltà al popolo: di fedeltà ai destinatari per i quali
        la Chiesa esiste. 
           Nella seconda giornata abbiamo
        affrontato la sfida delle relazioni: la comunità è un reticolo di
        relazioni che hanno la finalità di testimoniare Gesù e l’Amore
        Trinitario. Il concetto di sfida è sembrato appropriato perché ci
        segnala il rischio della comunicazione, del processo educativo, e il
        rischio, che corriamo quotidianamente, nel rapporto tra le generazioni,
        tra le culture, tra le esperienze e le estrazioni sociali. Siamo pronti
        a mettere in discussione la nostra storia, i nostri vissuti per
        costruire un’accoglienza di quanti vogliono intraprendere un cammino
        di fede?   
           Infine l’animazione di un gruppo. La comunità si muove
        attraverso piccole altre comunità articolate per età, per comunanza
        d’intenti, per aree culturali condivise ecc... Chi si occupa di un
        gruppo, piccolo o grande che sia, deve raccogliere la sfida del ‘lavoro
        insieme’. 
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          Tutti noi sappiamo, per averlo sperimentato nei vari ambiti di
        lavoro, quanto difficile sia la riqualificazione delle dinamiche in un
        gruppo di lavoro o d’apprendimento. 
           Oggi è impensabile comunicare con
        modalità frontali o verticali. Il desiderio di conquistare, dal di
        dentro, le conoscenze che cerchiamo, è sicuramente un grande passo
        avanti ed è una Grazia (in senso cristiano) di consapevolezza, ma
        comporta anche una grande fatica d’autodisciplina e di autoeducazione. 
           
           Di fronte alla dimensione dei
        problemi, alle necessità crescenti della comunità, e, forse,
        all’inadeguatezza della nostra risposta, siamo sempre tentati di
        gettare la spugna e rinchiuderci nel ruolo di spettatore. 
           A questa tentazione ha risposto
        appassionatamente don Vittorio nel pomeriggio di spiritualità svoltosi
        a Milo. 
           Abbiamo rivissuto, quasi con una
        rielaborazione scenica il miracolo della moltiplicazione dei pani
        secondo il racconto dell’Evangelista Giovanni. 
           Il parroco, sulla scena del racconto
        evangelico, ci ha indicato il fondamentale ruolo del dono: dono modesto,
        dono aperto alla nuova situazione, dono che si moltiplica e diventa
        segno dell’abbondanza, dono che mette in crisi gli apostoli
        interpellati, incapaci di comprenderne l’orizzonte, il senso di marcia
        della storia. 
           Il senso quindi del nostro impegno è
        il dono. Gesù stesso ha voluto raccogliere il dono povero come
        raccoglie le nostre modeste capacità, competenze, disponibilità.
        Quest’esperienza è sicuramente un traguardo raggiunto ma, forse, è
        anche la partenza di una nuova tappa. 
                                                    
        Giovanni Vadalà  | 
     
    
      | EDUCARSI  
        PER   EDUCARE | 
     
    
       
           La Famiglia di oggi, relegata ed arroccata in
        
        una "centralità di solitudine" lancia il suo
        
            Il nostro
        parroco, Don Vittorio, ha sentito
        
            Da un suo
        invito forte alle Istituzioni, nasceva nell'ottobre scorso un protocollo
        d'intesa sottoscritto da
        Amministrazione Comunale, Scuole,
        Carabinieri e Parrocchia per realizzare azioni
        di sostegno alla Genitorialità, in uno scenario sociale di grande
        criticità. La volontà di unire
        risorse e di metterle in rete, fu subito tradotta dal Sindaco, Michele
        Toscano nell'impegno concreto di destinare risorse finanziarie per
        la promozione e l'attuazione di
        progetti a supporto della Famiglia. Al suo Entusiasmo si univa la
        passione di Titti Casella che, con slancio, mise
        al servizio della comunità la sua competenza ed esperienza. 
           Il dolore
        della morte avrebbe potuto travolgere tutto, portarsi via anche questa
        volontà operosa, ma quello
        che nasce dal cuore e dallo spirito
        di servizio resiste. 
           Il Commissario
        Straordinario del Comune di Acicastello - Dott. C. Sammartino - ha
        ripreso gli obiettivi
        fissati nel protocollo ed insieme al suo
        consulente, Prof. P. Banna, con la collaborazione dei partners, ha
        definito le accennate linee
        progettuali. 
           Nasce così
        "Educarsi per Educare" affidato per
        l'attuazione alla parrocchia. Il progetto parte da alcune
        considerazioni: - per poter educare bisogna educarsi e bisogna partire
        dalla famiglia, in quanto
        primo ambito educativo; - la
        famiglia non può in nessun caso, salvare la propria
        capacità educativa da sola. 
            acquisire
        e rafforzare i contenuti di queste considerazioni. Come e dove farlo?
        In una scuola di genitori, un po'
        speciale, quella che ci
        propone il progetto, fatta di incontri e non di lezioni.  
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           Si tratta di un
        laboratorio di formazione e
        di condivisione dove i genitori possono
        diventare più consapevoli della loro responsabilità,
        e delle loro capacità e quindi più competenti
        nell'esercitarle.      
           Gli incontri trattano
        i temi della dignità e del valore
        del compito educativo. Le modalità di relazionarsi
        saranno il dialogo, il confronto e il racconto
        esperienziale. I genitori frequentanti non
        saranno soli, ma guidati da operatori/testimoni. Agli incontri formativi
        si aggiungeranno momenti ricreativi e conviviali, allargati alla partecipazione
        di tutta la famiglia, anche i figli, per
        favorire un suo reale protagonismo. 
           In questa
        scuola/laboratorio di confronto propositivo,
        il Gruppo-Famiglia della Parrocchia e stato individuato come
        "nucleo" iniziale propulsore,
        aperto dinamicamente alla formazione ed alla condivisione. Il Gruppo si
        vuole spingere oltre, vuole
        sperimentarsi con gli altri. 
           Nel percorso
        formativo/operativo le famiglie della
        Comunità potranno camminare assieme, costruire
        rapporti di socializzazione e di vera appartenenza.
        Insieme potranno attivare piccole e
        modeste reti di sostegno e di mutuo aiuto tra genitori,
        correggere errori, imparare dall'esperienza altrui, sentirsi meno soli.
        E questo è già tanto!
        Questa Scuola vuole costruire "solidarietà"! 
           Il
        Gruppo-Famiglia, con molta umiltà ci sta, così come e fino in fondo,
        animato dal desiderio di crescere insieme tra genitori, accomunati
        dalla stessa vocazione, ma
        ciascuno portatore di un
        Mistero, di un progetto unico nel disegno di
        Dio. Dobbiamo essere tanti in questa Scuola! Tutti
        con atteggiamento fiducioso e pieno di speranza
        di imparare l'uno dall'altro. 
           Cominciamo ad
        interrogarci più spesso e quando
        occorre mettiamoci in discussione: Educhiamoci!
        Possiamo farlo a questa Scuola! 
                                                     
          Enza Sciuto  | 
     
   
  
 
  
  
  
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