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19 Ottobre 2003
Costruiamo
una città della pace |
Per
non "dimenticare" i tragici fatti del 2 maggio scorso,
pubblichiamo l'omelia pronunciata dal parroco don Vittorio durante la
Messa in suffragio delle vittime, celebrata in chiesa madre il 9 maggio. |
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Cari figli, fratelli e amici,
ci ritroviamo otto giorni dopo la tragedia, la "terza guerra
mondiale ", come qualcuno l'ha definita. Sono tante le parole
dette, scritte, sussurrate, urlate in questi giorni. Siamo stati, senza
volerlo, al centro dell'attenzione. Non si erano mai viste tante
telecamere, giornalisti, poliziotti, autorità, gente comune.
Il 2 maggio, venerdì, il calendario è ritornato indietro
al venerdì santo. Abbiamo rivissuto la sofferenza di Cristo crocifisso,
di Maria Addolorata sotto la croce.
Con una grande differenza, però: non siamo stati dietro a delle statue,
a dei dipinti, a delle fotografie. Abbiamo contemplato il Cristo nei
volti e nei corpi straziati dalla furia omicida, abbiamo visto la
Madonna nelle lacrime delle mamme, delle moglie delle figlie...
bisogno di solidarietà,
di essere
Abbiamo respirato e respiriamo
ancora un senso di
"malessere". Si tratta di una sensazione
difficilmente definibile: non è il semplice
malessere che tutti è un'inquietudine, un turbamento,
un disagio,
un'insoddisfazione, un malcontento.... Giovani
e anziani, persone semplici e questo stato
d'animo. Tantissima gente e venuta
in chiesa, ha sostato in riflessione, sinceramente
addolorata. In tutto questo facendo? Quante parole
stupide sono state dette e scritte, quanta
leggerezza, superficialità!
Hanno chiesto ripetutamente: Lei
perdona? Ha perdonato chi le ha portato
via suo marito, sua moglie, suo figlio,
sua figlia, sua sorella, suo fratello,
suo padre, sua madre...?". E' la moda, è
lo scoop, e la mediocrità e l'insipienza eretta a
sistema
II perdono è stato ridotto a
sentimentalismo popolare e contrassegnato dal buonismo dilagante che sdrammatizza
tutto, che non vuole lasciare ferite aperte e
conti in sospeso.
II perdono è qualcosa di molto più
duro e drammatico e ce ne accorgiamo purtroppo quando tocca a noi perdonare e
quando, per fortuna, non ci sono di
mezzo né un microfono né una telecamera.
Il perdono è come un alto monte. E
una montagna davvero impegnativa da
scalare e per la quale non si è mai
sufficientemente allenati o attrezzati. Da una
parte c'è il perdono da offrire, dall'altra il
perdono da chiedere.
Dobbiamo chiedere perdono per i
nostri defunti. Nessuno di noi è perfetto;
tutti sbagliamo e tutti abbiamo bisogno di misericordia. Il morire senza avere il
tempo di pentirsi, di rivedere la propria
vita, di poter sistemare eventuali situazioni
in sospeso e soprattutto mettersi
l'anima in pace col Signore è cosa grave. E'
un grande monito per tutti noi: la morte
non chiede mai il permesso, entra senza
bussare. Prego il Signore che quando la morte arriva mi trovi vivo. Bisogna essere
pronti, in stato di grazia e non nel peccato.
Chiediamo per questo il perdono di Dio e
adesso che possiamo pensiamo alla salute
della nostra anima.
In cima a questa montagna sta la
croce. In vetta, quando ci si arriva, si
trova piantata una croce: è il luogo del
perdono. Soltanto dalla croce si può balbettare
una risposta di perdono. In questo mondo
c'è solo il Crocifisso che può
perdonare ed è per lui e grazie a lui che possiamo
realmente farlo, anche quando umanamente
è così difficile. Che montagna, che
vetta!
Perdonare non vuoi dire però
dimenticare quanto è avvenuto. Come si può dimenticare? Come posso
dimenticarmi di Rita, di Maria, di
Salvo, di Giuseppe, di Michele? Il
perdono, al contrario, richiede una
memoria lucida e rigorosa, perché
esige di rielaborare, di capire quei meccanismi che
hanno generato il male, l'odio, la
morte.
Perdonare non è nemmeno scusare,
riconoscere
la mancanza di
responsabilità di chi ha agito con
tanta cattiveria.
Perdonare ancora non è un affare
di persone deboli o ingenue, non è passività, semplificazione dei problemi,
rinuncia alla giustizia, ai diritti
personali.
Per perdonare e 'è una sola via:
quella indicata da Gesù, dal Crocifisso.
Il Signore contesta il male commesso dall'uomo.
Lo fa senza reticenza e senza sconti.
Però mantiene aperta la speranza. Il
perdono urla la propria protesta contro
tutto ciò che uccide la vita. Il perdono è un
'altissima preghiera che profuma di cielo. Il
perdono è un cammino, spesso lento, è un
percorso che ognuno per la sua parte deve
fare. Il perdono così diventa impegno, amore
per ricreare le condizioni di vita per
gli altri.
Il perdono non solo non esclude la giustizia, ma la richiede. Una cosa
sola aborrisce: la vendetta. Il perdono non
ha valore soltanto individuale, ma è anche
una profezia sociale, perché offre la sola
possibilità per camminare verso una società più
umana e fraterna. Il perdono è davvero Vangelo per Acicastello. Se è scoppiata
la terza guerra mondiale, è necessario
adesso ricostruire la pace, altrimenti i nostri
amici saranno morti invano. Come fare?
Occorre anzitutto che ognuno viva in
pace con se stesso, e che questa
pace vada costruita dentro ciascuno. Il segno
che si è in guerra è dato dalla rabbia. La
rabbia è una violenza potenziale che se esce,
diventa violenza attuata. Nella rabbia si condensa il nostro "personale"
esercito, dispiegato in esercitazioni militari. Con la
rabbia abbiamo un segnale del nostro
conflitto, di qualche cosa dentro di noi fatto di
frustrazioni, assiepato di nemici. Di una
parte di noi che si sente aggredita, non
amata.
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Questa è una guerra possibile da risolvere, una pace da conquistare,
sapendo che abbiamo bisogno di amici e anzi di
amore, che dobbiamo frequentare persone
disposte ad ascoltarci e a comprenderci. Se
all'apparenza non le riconosciamo,
cerchiamole tra i vicini, ma anche in
parrocchia. Ci sono ambienti dove si esercita
l'amicizia e sono molte le persone "per bene", oneste,
anche se non sempre si espongono. C'è tanta gente che vuole serenità,
individuiamola, soprattutto non dimentichiamo
quelle persone che magari ci sono da sempre vicine e proprio per questo potrebbero
apparirci poco interessanti, e invece
sono per noi le persone della pace.
Si situa qui la prima pace di cui
abbiamo bisogno, la pace con noi stessi. Per
questo occorre coltivare il senso della
coerenza e della giustizia. Togliersi dalla
falsità, piccola o grande, che anima le nostre giornate, toglierci dalle doppie facce,
dalle infedeltà, dalle disonestà, dalle
omertà.
La pace è guardarsi nello specchio
il mattino e non provare quella
sensazione di vomito che sono sicuro hanno molti
potenti che noi immaginiamo sazi e
soddisfatti e invece sono in guerra anche con se
stessi. Hanno bisogno di avere sempre di più,
di disporre di un potere sempre più
grande, soltanto perché sono infinitamente
piccoli sul piano umano.
Che bello dare e ricevere un
sorriso!
Non dimentichiamo la pace dentro
casa nostra: sorridiamo, mostriamo comprensione anche di fronte a comportamenti
difficili da accettare. Il problema non è
l'accordo delle idee, ma quello dei
sentimenti. La famiglia è il luogo degli affetti.
Nella famiglia si può sperimentare la
bellezza dei perdoni, di quel "non fa
niente, ma stai attento ". Il perdono che viene
ripagato da un abbraccio che non si dimenticherà
più. Il perdono fa sentire che non siamo
soli, ma persone che hanno sbagliato e che
possono recuperare. Non dimentichiamo la
pace del condominio, del vicinato. Talora
sembrano dei luoghi di guerra, e basta
partecipare ad una riunione di condòmini per
uscirne atterriti. La difesa del potere su
qualche metro quadrato di casa diventa sopraffazione e mancanza di qualunque
rispetto.
L'appartenenza al nostro paese deve essere l'occasione per amare qualche
cosa di comune, per coltivare il senso
del bene di tutti e non solo di ciò che
"è mio ". Una società si caratterizza per il
rispetto del "noi ", di ciò che è di
tutti e, proprio per questo, un bene anche mio. E'
necessario che anche il consiglio comunale
diventi luogo di pace, di confronto e non di scontro, dove l'altro, anche se
avversario, non è nemico, ma sempre persona da
rispettare.
In paese c'è la chiesa, non
dimentichi chi la frequenta che è luogo di
pace, non di élite e di esclusività. Non
dimentichi che la chiesa è la casa di tutti, casa
accogliente per tutti, anche per chi la
frequenta poco.
In paese ci sono anche le scuole:
insegniamo la pace. Aiutiamo i nostri
figli a crescere bene, senza fomentare antagonismo e inimicizia. Ecco un luogo di
pace, dove si insegna la pace. Non
isoliamo nessuno, non emarginiamo, non colpevolizziamo, ma sosteniamo, ascoltiamo.
Con l'amministrazione Toscano e con
le scuole, la parrocchia aveva promosso
e concluso un protocollo d'intesa per sostenere le famiglie nel loro compito
educativo. Quest'opera è diventata ancora più
urgente. Il sindaco credeva molto in
quest'occasione di crescita e di confronto. Ci
credeva molto anche Rita, con la quale
diverse volte avevamo affrontato l'argomento, personalmente e in seno al gruppo
famiglie parrocchiale, del quale faceva parte
insieme col marito.
Coraggio, Acicastello, "ora et
labora!".
Dobbiamo fare nostre certe norme di
vita e cambiare il modo di vivere attuale.
Per ritrovare gusto nella vita bisogna
con fatica imboccare una strada di impegni,
di opere. Bisogna afferrare qualcosa
che sta fuori di noi, emergendo dalle sabbie mobili. In questo la rinascita religiosa
e l'applicazione costante possono essere
quella roccia a cui attaccarsi per risalire,
quella roccia su cui edificare la nostra
casa, la nostra città. |
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GIOVANNI
PAOLO II
da 25 anni servo
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IL PAPA DEI RECORD
Erano le 18,43 del 16 ottobre 1978,
quando le telecamere inquadrarono il balcone di San Pietro su cui si
erano affacciati alcuni ecclesiastici che, secondo la
tradizione venivano a rivelare al popolo il nome del nuovo Papa
che era stato eletto in Conclave.
Piazza San
Pietro era piena di fedeli.
Il cardinale protodiacono Pericle Felici
annunciò, secondo la formula di
rito:
«"Habemus Papam".
Abbiamo il Papa.
Sua Eminenza Reverendissima Monsignor Karol, cardinale di Santa Romana
Chiesa, Wojtyla, che ha preso il
nome di
Giovanni Paolo II».
Si trattava
del primo Papa polacco della storia, ed erano 455 anni che sul trono
di Pietro non saliva uno
straniero. Inoltre, Wojtyla era il
primo Papa che proveniva da un Paese
comunista.
Dati
significativi, che fecero subito
notizia, che si prestarono
a riflessioni, a
intuizioni, a congetture.
Ma forse nessuno
avrebbe potuto immaginare,
in quel
momento, che cosa avrebbe
significato
nella storia
quell'elezione. Nessuno
avrebbe potuto immaginare
che il nuovo
Papa avrebbe fatto oltre
cento viaggi
internazionali per
raggiungere i fedeli
sparsi per il mondo, percorrendo
circa un
milione e duecentomila
chilometri, cioè
una distanza pari a quasi
29 volte la circonferenza della terra e tre volte la distanza
tra la terra e la luna.
Nessuno, nel
1978, avrebbe potuto immaginare che
il Papa sarebbe rimasto vittima di
un attentato, che sotto di lui sarebbe
crollato il muro di Berlino e il Regime
comunista nei Paesi dell'Est. Che avrebbe
reso pubblica la "terza parte" del famoso
Segreto di Fatima, affermando di essersi
riconosciuto in quel "vescovo vestito
di bianco " di cui parla Lucia, "che tremante
e sofferente, attraversa una grande
città " piena di cadaveri e sale verso
una "montagna ripida, in cima alla quale
si trova una grande Croce", e giunto sotto la Croce viene ucciso.
Dicendo di essersi
riconosciuto in quel "vescovo vestito
di bianco" Giovanni Paolo II ha
implicitamente affermato che la Madonna si è
interessata di lui nel 1917, cioè tre
anni
prima che egli venisse al mondo.
Egli è quindi un uomo
"predestinato", inviato da Dio con una
grande missione, che ha compiuto tra le
sofferenze, come Cristo sulla croce.
Ora la Chiesa lo
festeggia per essere sul trono di Pietro da un
quarto di secolo. E anche questo è un
record Giovanni Paolo II infatti è il terzo
Pontefice che resta alla guida della chiesa per
25 anni. Tralasciando San Pietro, del cui
pontificato non si hanno dati sicuri,
solo Pio IX e Leone XIII avevano superato
questo traguardo. Pio IX (1792-1878), ha
governato la Chiesa per 31 anni e
sette mesi; Leone XIII (1810-1903) l'ha
governata per 25 anni e 5 mesi.
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I
FESTEGGIAMENTI DI OTTOBRE
La Chiesa
vuole celebrare i 25 anni di
pontificato di Giovanni Paolo II
con grande solennità.
Le cerimonie ufficiali
sono già iniziate
1'8 maggio scorso, con un Congresso
accademico di due giorni
all'Università
Lateranense, organizzato dalla
Santa Sede
e intitolato "Giovanni
Paolo II, XXV
. Subito dopo, domenica
11 maggio, si è tenuta l'apertura
delle
celebrazioni a Cracovia,
organizzata questa volta dal governo italiano in collaborazione con
quello polacco. L'Italia era rappresentata dall'onorevole Pier
Ferdinando
Casini, presidente della Camera dei
Deputati.
Il governo italiano ha anche mobilitato
gli "istituti italiani di cultura all'estero"
invitandoli a promuovere manifestazioni
ispirate alla frase di Wojtyla: "L'Italia è la mia seconda patria". Si ritiene
infatti, che nei suoi 25 anni di
Pontificato, Giovanni Paolo II sia stato il più formidabile "testimonial" della
lingua italiana nel mondo.
Sempre per dare importanza a questa
ricorrenza storica, il Vaticano, in
collaborazione con la Polonia, ha emesso
un francobollo d'argento di euro 2,28, e inoltre una serie di 25 francobolli con 25
diverse fotografie del Papa, ed ha coniato
una edizione limitata di otto monete.
I
festeggiamenti veri e propri sono
concentrati a ottobre. Iniziano il 7 ottobre con il
pellegrinaggio del Papa a Pompei dove concluderà l'Anno del Rosario.
Per il 15 ottobre, il cardinale Joseph Ratziger, Prefetto della
Congregazione per la Dottrina della Fede e decano del Collegio
cardinalizio, ha invitato a Roma tutti i cardinali del mondo. E la prima
volta che succede nella storia della Chiesa. I cardinali finora si
trovavano a Roma solo per il Conclave, cioè per eleggere un nuovo Papa.
II primo
appuntamento dell'intero collegio cardinalizio convocato a Roma per
questa ricorrenza, è fissato in San Pietro per il pomeriggio del 15
ottobre. La mattina del 16 ottobre, anniversario dell'elezione
di Giovanni Paolo II i cardinali parteciperanno a una Messa, sempre in
San Pietro, con il canto del "Tè Deum" di ringraziamento. Il 17
e il 18 saranno impegnati
in un convegno vero e proprio con cinque relazioni. Il 18 mattina, l'agenda
prevede un "Messaggio al S. Padre".
In genere è il Papa che manda i messaggi; in quell'occasione invece
saranno i cardinali che invieranno un messsaggio al Papa. La sera del 18
ottobre ci sarà un grande concerto in Vaticano e il giorno dopo, 19
ottobre, i festeggiamenti si concluderanno con la solenne beatificazione
di Madre Teresa. È stato il Papa in persona a volere che i festeggiamenti
per il 25° del suo Papato culminassero con questa cerimonia, a
dimostrazione di quanta stima e venerazione egli abbia per la piccola
suora di Calcutta.
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