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UNA
GRANDE TELA
PER RICORDARE ROSARIO ZAPPALA' |
Una grande tela, formato pala d'altare, dalla sera del 5
ottobre 2004, è stata esposta è collocata nella parte Nord del
Presbiterio della Chiesa di San Giuseppe.
La
tela è stata commissionata dalla famiglia ZAPPALÀ-BONACCORSO in
memoria di Rosario, tragicamente scomparso alcuni anni fa.
Alla
cerimonia di presentazione alla comunità castellese è intervenuto
l'arcivescovo Mons. Pio Vigo che, dopo la celebrazione della santa messa
in suffragio dell'indimenticabile al ragazzo, ha benedetto il dipinto.
L'autore
è il maestro Giuseppe Giuffrida, che opera presso il Museo Diocesano di
Catania, artista di indiscussa abilità tecnica, che ha eseguito così
come richiesto dalla committenza, un dipinto che non "facesse a
pugni" con le tele settecentesche già presenti nel presbiterio
della chiesetta.
La
tela ha un impianto di tipo controriformato, con la madonna del Rosario
tra gli angeli e con Rosario che suona la viola, come un angelo
musicante delle tele del tardo-manierismo, nel registro superiore,
mentre quello inferiore è occupato dalle figure dei S.S. Domenico e
Caterina da Siena, ispirati ad un modello di Matteo Desiderato, San
Mauro e una figura di donna che simbolizzano la comunità castellese.
Nel registro inferiore sono riprodotti anche un angioletto con un libro
aperto e un cagnolino, quello di Rosario, a simboleggiare la fede.
Nella
chiesa di San Giuseppe vi è un'altra tela, quella con "La Vergine
che appare a San Filippo neri" che fu commissionata nel 1753 per un
altro avvenimento tragico. Nel "Liber mortuorum" della
Parrocchia lo scrivente, per caso, ha trovato infatti, l'atto di morte
di Giuseppe Massimino, morto il 16 settembre 1750 all'età di un anno e
otto mesi; era nato, infatti, il 24 dicembre del 1748 da Don Lucio,
capitano del castello, e da Genoveffa Romeno, sorella del cappellano Don
Cristoforo Romeno.
A
collegare la tela settecentesca - eseguita da Francesco Sozzi - con
questo evento sono stati sufficienti due inconfutabili elementi: il nome
dell'offerente ancora presente nella tela (De Lucy Maximini) e la
rappresentazione di un bambino che, in forma di angioletto, indica un
teschio, simbolo della imprevedibilità della morte e della fugacità
della vita terrena.
S.
Castorina
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Con i bambini di
Ikalamavoni - ( Madagascar ) |
Ho atteso e sperato per sette lunghi anni di poter
ritornare in Madagascar, l’Isola Rossa (come la chiamano per il colore
della sua terra), rossa come il fuoco che arde nel mio cuore, pensando a
quei bambni che hanno tanto bisogno di noi.
Quando
padre Carlo Sorbi ci ha invitato per questa spedizione, io ho risposto
di essere pronta a partire subito. Molti preparativi, ma che rischiavano
di restare progetti infranti pochi giorni prima della partenza, per le
non buone condizioni di salute di Mauro (mio marito), con la prospettiva
che tutto sarebbe sfumato nel nulla.
Ero
disposta tuttavia a rinunciare alla partenza tanto desiderata, ma Mauro
mi ha dato la forza di andare avanti da sola. Questa sua decisione mi ha
veramente stupita, conoscendo bene il suo carattere.
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Così il 7 agosto 2004, come in un sogno, mi trovavo all’aeroporto di
Milano in attesa di imbarcarmi sull’aereo che ci avrebbe portati in
Madagascar. Il nostro gruppo era formato da P.Carlo Sorbi, gesuita,
Procuratore delle Missioni, dai coniugi Giovanni e Nicoletta Croazzo con
i quali abbiamo condiviso altre esperienze e da Luana D’Amato, agente
di Polizia di Palermo, alla sua seconda esperienza. Come ho detto
sembrava tutto un sogno, qua e là offuscato da preoccupazioni e sensi
di colpa per essermi allontanata da mio marito, ora che aveva bisogno di
me, anche se sapevo che non era solo ma affidato alle cure amorevoli
delle nostre due figlie.
Il pensiero e il desiderio di ritornare in Madagascar dopo tanti anni, e
riabbracciare quei bambini, scrutare i loro volti in cerca di un
sorriso, e di offrire loro tutto ciò che potevo e riuscivo a
trasmettere mi metteva in agitazione: questa volta ero più sola, senza
l’appoggio di Mauro e senza quello di Fr.Benedetto Ingrao… Mi
chiedevo se ce l’avrei fatta, e ringrazio il Signore per esserci
riuscita. |
Nella
foto: Nicoletta Croazzo, Luana D'Amato e Carmela Ingrao con una parte
dei bambini convenuti a Ikalamavoni per la colonia 2004 |
Così
siamo partiti per questa nuova missione, un periodo di colonia a
Ikalamavoni, a favore dei bambini del distretto missionario curato prima
da Padre Bruni, ora da Padre Rakoto, malgascio.
Una
breve visita nella missione di P.Bucoli a Mananjari, dove Luana doveva
consegnare delle medicine, ed una sosta di due giorni presso la
residenza di P.Nicchi a Fianarantsoa per fare gli ultimi acquisti,
quindi partenza per Ikalamavoni, dove si è svolta la Colonia.
Domenica
15 agosto, festa dell’Assunzione di Maria: nel pomeriggio l’arrivo
dei bambini dai cinque ai tredici anni. Ne aspettavamo almeno duecento
ma ne sono arrivati circa centocinquanta, sulle spalle uno zainetto che
conteneva quel poco che avevano (un piatto e le posate) e qualche
indumento, non tutti.
Ci
siamo subito prodigati ad accoglierli calorosamente, preparando la loro
prima cena e il dormitorio. Bambini silenziosi e timorosi, era la loro
prima esperienza, lontani dalle loro famiglie e fra gente estranea, però
avevano fiducia in noi.
Padre
Rakoto aveva assicurato alle famiglie che i loro bambini sarebbero stati
in buone mani. Così ha avuto inizio la colonia fra canti, danze,
preghiere, studio e tanta allegria; la sera dopo cena Giovanni
proiettava i film, i bambini si divertivano, specie con i cartoni
animati.
Difficoltà
ovviamente ce ne sono state, ma brillantemente superate. Abbiamo
distribuito coperte, sapone, spazzolini da denti con dentifricio,
spiegando loro le basi principali di igiene. Un giorno è stato dedicato
alle docce per tutti. Abbiamo assicurato loro quattro pasti al giorno,
sostanziosi, distribuito vestiti, utilizzando residui degli anni
precedenti perché le duecento tute che avevamo comprato in Italia
purtroppo non sono arrivate in tempo. Distribuito materiale didattico,
giochi, palloni e palloncini colorati che sono stati la gioia dei
bambini e tantissime caramelle di cui sono ghiotti: molti non le
conoscevano.
Posso
dire che io, Nicoletta e Giovanni Croazzo di Catania ormai siamo di
casa, questa per me è stata la quarta esperienza, dal 1994 ad oggi, per
gli altri anche di più. Spero che P.Carlo si sia trovato bene con noi,
come spero che per Luana D’amato questa seconda esperienza sia
positiva, e penso che sia così, perché spera di ripeterla in futuro.
Luana è stata "adottata" da me e Nicoletta, ci ha fatto un pò
"tribolare" ma è stata tanto cara, è un’ottima compagna di
avventura.
Penso
che niente succede per caso. Ho dovuto lasciare Mauro, ma ho trovato ad
attendermi un "Angelo custode" — Dominique — un bambino di
appena cinque anni con la mamma invalida colpita da paralisi. Il bambino
veniva accudito da una parente, aveva un’infezione in corso, con
febbre alta, aveva bisogno subito di cure e di moltissimo affetto, è
diventato il mio angelo e mi seguiva ovunque..
Ovunque
andiamo i problemi sono sempre gli stessi: povertà, fame e malattia. Da
noi si aspettano tanto ma possiamo fare ben poco, al confronto delle
loro necessità: siamo piccole gocce nell’Oceano.
Necessitano
più volontari e più benefattori generosi, sì da permettere di
realizzare più colonie in più villaggi, per poter assicurare a un
numero sempre maggiore di bambini un pasto decente, assistenza, un po’
di affetto e di calore umano.
Invito
un po’ tutti a leggere queste poche righe, al fine di riflettere ed
essere più generosi, e invito quanti hanno spirito di adattamento a
fare almeno una volta nella vita questa esperienza di volontariato, che
lascia un segno indelebile e aiuta a crescere interiormente, ad
apprezzare quanto abbiamo e capire quanto possiamo fare con poco,
salvando tanti bambini dalla denutrizione e dalle malattie.
A
chiusura della Colonia, abbiamo distribuito viveri a tutte le famiglie
più povere e ai malati. Tutti ci chiedevano di ritornare presto. Unico
rammarico, non essere riuscita a rintracciare il mio primo "Angelo
custode", René, ora diciottenne e che desideravo tanto rivedere
dopo dieci lunghi anni. Il giorno della partenza, durante la Santa
Messa, ci hanno offerto dei doni simbolici, ma tanto significativi, era
il loro modo per ringraziarci per quanto avevano fatto per loro.
Anche
il piccolo Dominique ha voluto donarmi il suo cuore, regalandomi una
piccola giraffa di paglia che io terrò sempre con me, portando il suo
sorriso e quello di tutti i bambini, colmo di gratitudine, sempre nel
mio cuore. Spero che chi leggerà queste righe, comprenderà il
messaggio che vogliamo a tutti trasmettere: Amore, Amore, tanto Amore +
Generosità!
Carmela Ingrao
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RICHIESTA
DI INTERVENTI DI RESTAURO PER I CAMPANILI DELLE CHIESE
DI SAN MAURO E DI SAN GIUSEPPE
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