Foglio parrocchiale
            

 


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23 Ottobre 2004 

 

 
 
UNA GRANDE TELA
PER RICORDARE ROSARIO ZAPPALA'


   Una grande tela, formato pala d'altare, dalla sera del 5 ottobre 2004, è stata esposta è collocata nella parte Nord del Presbiterio della Chiesa di San Giuseppe.
   La tela è stata commissionata dalla famiglia ZAPPALÀ-BONACCORSO in memoria di Rosario, tragicamente scomparso alcuni anni fa.
   Alla cerimonia di presentazione alla comunità castellese è intervenuto l'arcivescovo Mons. Pio Vigo che, dopo la celebrazione della santa messa in suffragio dell'indimenticabile al ragazzo, ha benedetto il dipinto.
  

L'autore è il maestro Giuseppe Giuffrida, che opera presso il Museo Diocesano di Catania, artista di indiscussa abilità tecnica, che ha eseguito così come richiesto dalla committenza, un dipinto che non "facesse a pugni" con le tele settecentesche già presenti nel presbiterio della chiesetta.
   La tela ha un impianto di tipo controriformato, con la madonna del Rosario tra gli angeli e con Rosario che suona la viola, come un angelo musicante delle tele del tardo-manierismo, nel registro superiore, mentre quello inferiore è occupato dalle figure dei S.S. Domenico e Caterina da Siena, ispirati ad un modello di Matteo Desiderato, San Mauro e una figura di donna che  simbolizzano la comunità castellese. Nel registro inferiore sono riprodotti anche un angioletto con un libro aperto e un cagnolino, quello di Rosario, a simboleggiare la fede.
   Nella chiesa di San Giuseppe vi è un'altra tela, quella con "La Vergine che appare a San Filippo neri" che fu commissionata nel 1753 per un altro avvenimento tragico. Nel "Liber mortuorum" della Parrocchia lo scrivente, per caso, ha trovato infatti, l'atto di morte di Giuseppe Massimino, morto il 16 settembre 1750 all'età di un anno e otto mesi; era nato, infatti, il 24 dicembre del 1748 da Don Lucio, capitano del castello, e da Genoveffa Romeno, sorella del cappellano Don Cristoforo Romeno.
   A collegare la tela settecentesca - eseguita da Francesco Sozzi - con questo evento sono stati sufficienti due inconfutabili elementi: il nome dell'offerente ancora presente nella tela (De Lucy Maximini) e la rappresentazione di un bambino che, in forma di angioletto, indica un teschio, simbolo della imprevedibilità della morte e della fugacità della vita terrena.

                                                                                                                                           S. Castorina

 

Con i bambini di Ikalamavoni - ( Madagascar )


   Ho atteso e sperato per sette lunghi anni di poter ritornare in Madagascar, l’Isola Rossa (come la chiamano per il colore della sua terra), rossa come il fuoco che arde nel mio cuore, pensando a quei bambni che hanno tanto bisogno di noi.
   Quando padre Carlo Sorbi ci ha invitato per questa spedizione, io ho risposto di essere pronta a partire subito. Molti preparativi, ma che rischiavano di restare progetti infranti pochi giorni prima della partenza, per le non buone condizioni di salute di Mauro (mio marito), con la prospettiva che tutto sarebbe sfumato nel nulla.
   Ero disposta tuttavia a rinunciare alla partenza tanto desiderata, ma Mauro mi ha dato la forza di andare avanti da sola. Questa sua decisione mi ha veramente stupita, conoscendo bene il suo carattere.

   Così il 7 agosto 2004, come in un sogno, mi trovavo all’aeroporto di Milano in attesa di imbarcarmi sull’aereo che ci avrebbe portati in Madagascar. Il nostro gruppo era formato da P.Carlo Sorbi, gesuita, Procuratore delle Missioni, dai coniugi Giovanni e Nicoletta Croazzo con i quali abbiamo condiviso altre esperienze e da Luana D’Amato, agente di Polizia di Palermo, alla sua seconda esperienza. Come ho detto sembrava tutto un sogno, qua e là offuscato da preoccupazioni e sensi di colpa per essermi allontanata da mio marito, ora che aveva bisogno di me, anche se sapevo che non era solo ma affidato alle cure amorevoli delle nostre due figlie.
   Il pensiero e il desiderio di ritornare in Madagascar dopo tanti anni, e riabbracciare quei bambini, scrutare i loro volti in cerca di un sorriso, e di offrire loro tutto ciò che potevo e riuscivo a trasmettere mi metteva in agitazione: questa volta ero più sola, senza l’appoggio di Mauro e senza quello di Fr.Benedetto Ingrao… Mi chiedevo se ce l’avrei fatta, e ringrazio il Signore per esserci riuscita.

Nella foto: Nicoletta Croazzo, Luana D'Amato e Carmela Ingrao con una parte dei bambini convenuti a Ikalamavoni per la colonia 2004

   Così siamo partiti per questa nuova missione, un periodo di colonia a Ikalamavoni, a favore dei bambini del distretto missionario curato prima da Padre Bruni, ora da Padre Rakoto, malgascio.
   Una breve visita nella missione di P.Bucoli a Mananjari, dove Luana doveva consegnare delle medicine, ed una sosta di due giorni presso la residenza di P.Nicchi a Fianarantsoa per fare gli ultimi acquisti, quindi partenza per Ikalamavoni, dove si è svolta la Colonia.
   Domenica 15 agosto, festa dell’Assunzione di Maria: nel pomeriggio l’arrivo dei bambini dai cinque ai tredici anni. Ne aspettavamo almeno duecento ma ne sono arrivati circa centocinquanta, sulle spalle uno zainetto che conteneva quel poco che avevano (un piatto e le posate) e qualche indumento, non tutti.
   Ci siamo subito prodigati ad accoglierli calorosamente, preparando la loro prima cena e il dormitorio. Bambini silenziosi e timorosi, era la loro prima esperienza, lontani dalle loro famiglie e fra gente estranea, però avevano fiducia in noi.
   Padre Rakoto aveva assicurato alle famiglie che i loro bambini sarebbero stati in buone mani. Così ha avuto inizio la colonia fra canti, danze, preghiere, studio e tanta allegria; la sera dopo cena Giovanni proiettava i film, i bambini si divertivano, specie con i cartoni animati.
   Difficoltà ovviamente ce ne sono state, ma brillantemente superate. Abbiamo distribuito coperte, sapone, spazzolini da denti con dentifricio, spiegando loro le basi principali di igiene. Un giorno è stato dedicato alle docce per tutti. Abbiamo assicurato loro quattro pasti al giorno, sostanziosi, distribuito vestiti, utilizzando residui degli anni precedenti perché le duecento tute che avevamo comprato in Italia purtroppo non sono arrivate in tempo. Distribuito materiale didattico, giochi, palloni e palloncini colorati che sono stati la gioia dei bambini e tantissime caramelle di cui sono ghiotti: molti non le conoscevano.
   Posso dire che io, Nicoletta e Giovanni Croazzo di Catania ormai siamo di casa, questa per me è stata la quarta esperienza, dal 1994 ad oggi, per gli altri anche di più. Spero che P.Carlo si sia trovato bene con noi, come spero che per Luana D’amato questa seconda esperienza sia positiva, e penso che sia così, perché spera di ripeterla in futuro. Luana è stata "adottata" da me e Nicoletta, ci ha fatto un pò "tribolare" ma è stata tanto cara, è un’ottima compagna di avventura.
   Penso che niente succede per caso. Ho dovuto lasciare Mauro, ma ho trovato ad attendermi un "Angelo custode" — Dominique — un bambino di appena cinque anni con la mamma invalida colpita da paralisi. Il bambino veniva accudito da una parente, aveva un’infezione in corso, con febbre alta, aveva bisogno subito di cure e di moltissimo affetto, è diventato il mio angelo e mi seguiva ovunque..
   Ovunque andiamo i problemi sono sempre gli stessi: povertà, fame e malattia. Da noi si aspettano tanto ma possiamo fare ben poco, al confronto delle loro necessità: siamo piccole gocce nell’Oceano.
   Necessitano più volontari e più benefattori generosi, sì da permettere di realizzare più colonie in più villaggi, per poter assicurare a un numero sempre maggiore di bambini un pasto decente, assistenza, un po’ di affetto e di calore umano.
   Invito un po’ tutti a leggere queste poche righe, al fine di riflettere ed essere più generosi, e invito quanti hanno spirito di adattamento a fare almeno una volta nella vita questa esperienza di volontariato, che lascia un segno indelebile e aiuta a crescere interiormente, ad apprezzare quanto abbiamo e capire quanto possiamo fare con poco, salvando tanti bambini dalla denutrizione e dalle malattie.
   A chiusura della Colonia, abbiamo distribuito viveri a tutte le famiglie più povere e ai malati. Tutti ci chiedevano di ritornare presto. Unico rammarico, non essere riuscita a rintracciare il mio primo "Angelo custode", René, ora diciottenne e che desideravo tanto rivedere dopo dieci lunghi anni. Il giorno della partenza, durante la Santa Messa, ci hanno offerto dei doni simbolici, ma tanto significativi, era il loro modo per ringraziarci per quanto avevano fatto per loro.
   Anche il piccolo Dominique ha voluto donarmi il suo cuore, regalandomi una piccola giraffa di paglia che io terrò sempre con me, portando il suo sorriso e quello di tutti i bambini, colmo di gratitudine, sempre nel mio cuore. Spero che chi leggerà queste righe, comprenderà il messaggio che vogliamo a tutti trasmettere: Amore, Amore, tanto Amore + Generosità!

                                                                                                                        Carmela Ingrao

 

 

RICHIESTA DI INTERVENTI DI RESTAURO PER I CAMPANILI DELLE CHIESE

DI  SAN MAURO  E  DI  SAN GIUSEPPE

 

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