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La fede popolare ha sempre voluto una figurazione concreta a cui volgere i
propri ardori. I castellesi, in particolare, affondano nella leggenda le origini
del simulacro di S. Mauro che ancor oggi si venera: Un veliero, spinto dalla
tempesta, aveva trovato rifugio nella marina ma era andato ad incagliarsi fra
gli scogli. I castellesi, che avevano osservato da terra quei marinai in
difficoltà, furono presto assieme a loro cercando di prestare aiuto ma tutti
gli sforzi si rivelarono inutili: l'imbarcazione non riusciva a rimettersi in
movimento, né era possibile tirarla a secco per la forza delle onde che da un
momento all'altro minacciavano di farla a pezzi.
Il capitano pensò di svuotare la stiva per
alleggerire l'imbarcazione ma l'operazione non fu manco iniziata: il carico in
gran parte era costituito da statue e, fra queste, c'era proprio quella
di S. Mauro. Appena i castellesi la videro, chiesero
al capitano di averla e, quando essa fu sopra gli scogli, la nave per miracolo
fu subito in piena linea di galleggiamento, pronta a partire senza che fosse più
necessario alleggerirla di alcunché. Così, dalla nave che si allontanava con i
venti favorevoli, echeggiarono i Viva S. Mauro mescolandosi con sempre
maggior forza a quelli dei castellesi che davano vita, dalla Marina
alla Chiesa, alla prima delle secolari processioni che avrebbero contraddistinto
la vita nel paese. |
( Enrico Blanco - Chiesa e vita nella terra e nel
territorio del Castello di Aci - 1999) |
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L'impostazione
della statua fa supporre che sia più antica
di quanto appaia a prima vista, intorno al 1600. Si tratta di una statua
lignea apparecchiata, cioè ricavata non da un unico tronco ma composta
dall'unione di diversi pezzi di legno come dimostra l'interno in parte cava.
La statua è racchiusa in uno schema verticale molto
rigido, unico movimento è dato dallo spostamento in avanti della gamba e del
ginocchio destro.
Posteriormente si presenta come un blocco compatto reso
appena plastico da un panneggio verticale. Anteriormente il panneggio diventa più
articolato per effetto del movimento della gamba e per l'apertura del piviale.
Anche la posizione delle braccia riprende questo rigido schematismo con il
braccio sinistro aderente al corpo e il libro della Regola nella mano, il
braccio destro alzato con la mano benedicente.
Sicuramente la statua ha subito diversi
rimaneggiamenti fra cui spicca quello del periodo barocco che l'ha dotato di un
manto in oro riccamente decorato e di una lamina di argento cesellata a sbalzo
nei risvolti del piviale. Durante la seconda guerra mondiale, a seguito del
bombardamento aereo che distrusse la chiesa, la statua fu colpita da una
scheggia che si conficcò nel dorso.
L'ultimo restauro del 1992 ha confermato l'avvenuta
esecuzione di diversi interventi, tra i quali alcuni poco professionali. In uno
di questi le pieghe posteriori del manto erano state riempite con stucco
applicato in modo talmente grossolano da coprire larghe zone di originale e
diminuire l'effetto plastico del panneggio.
Nel restauro lo stucco è stato rimosso, l'originale
ripulito e le pieghe hanno ripreso lo loro profondità. Tecnicamente sul manto
ligneo è passato uno strato di gesso e colla
su cui è stato applicato l'argento e una mistura che lo rende dorato.
Sempre in passato al posto dell'argento era stata applicata la porporina, una
vernice simile all'oro, opaca, poco costosa che nel volgere di alcuni
anni si è ossidata fino ad assumere una sgradevole
colorazione verdastra. Nel restauro la porporina è stata asportata ed è
stato nuovamente applicato l'argento e la mistura.
Il viso e le mani avevano subito rimaneggiamenti vari,
erano stati ingessati e ridipinti,
in alcuni punti delle mani il
gesso era spesso addirittura mezzo centimetro e ciò rendeva tozze delle mani già
poco snelle.
Asportando il gesso e le ridipinture è stato portato
alla luce il colore originale dell'incarnato. La somma di questi interventi ha
ridato alla statua l'aspetto di un tempo.
( Antonio Cavallaro - Arte e fede nelle Chiese di
Acicastello - Opuscolo fatto stampare dalla Congregazione "S. Mauro
Abate" nel gennaio del 1999 )
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